di Claudio Giovannesi, Italia, Francia, 2019, 111′
con Francesco Di Napoli, Artem Tkachuk, Alfredo Turitto, Viviana Aprea, Valentina Vannino.
Napoli 2018. Nicola, Tyson, Biscottino, Lollipop, O'Russ, Briatò vogliono diventare ricchi alla svelta, comprare abiti firmati e motorini nuovi. In particolare Nicola, la cui madre gestisce una piccola tintoria non resiste alla tentazione di entrare a far parte di una 'famiglia' camorrista. Il furto di una pistola lo fa sentire più uomo anche nei confronti di Letizia che gli è entrata nel cuore al primo incontro. In poco tempo diventa il capo del suo gruppo. Nicola ha 15 anni.
Cinfeorum.it. Nicola, Tyson, Biscottino, Lollipop, O’Russ, Briatò diventano criminali semplicemente perché è naturale. E con la stessa naturalezza con cui vanno a vedere i vestiti che non possono comprare, con cui si fanno le foto con gli amici, sognano di andare a ballare o guardano le ragazze, cominciano a spacciare per conto del boss locale. Guardano il loro mondo e ci vogliono entrare, come chiunque allo loro età. Ma il loro sguardo pronto a stupirsi di tutto, nel mondo in cui vivono, si posa inevitabilmente sulle armi, sui soldi dello spaccio, sul lusso pacchiano dei camorristi: “la bellezza” di cui vogliono godere. E come tutti gli adolescenti la vogliono ora, subito. Giovannesi gira e racconta con la sensibilità emotiva e di messa in scena tipica del suo cinema (una cifra stilistica ormai chiara al terzo film). Una sensibilità che passa innanzitutto attraverso la direzione degli attori e che riesce a fare di La paranza dei bambini non il “solito” film sulla camorra, il “solito” film sullo sfruttamento dei bambini e degli adolescenti da parte delle organizzazioni malavitose, ma qualcosa di diverso. Affonda a piene mani nel crime movie migliore, da Scorsese a De Palma, calandone i paradigmi in modo del tutto credibile nel contesto napoletano cui la cronaca (e il cinema e la televisione) ci hanno reso avvezzi. Ma non indugia, anzi. Se infatti conta inevitabilmente la dimensione “sociologica”, Giovannesi riesce però a lasciarla sullo sfondo e a non farla pesare. Tutta l’attenzione si concentra sulla prossimità con Nicola e i suoi compagni, su quella naturalezza e sulla loro voglia di mordere la vita per quello che è nel loro mondo fatto di soldi, potere, rispetto.
Filmtv.press. La macchina da presa li segue da vicino, coglie lo stupore nei loro occhi, l’entusiasmo ingenuo nel sognare di possedere tutto e poi, a un certo punto, possederlo sul serio. La famiglia criminale che controlla le strade, le Nike in vetrina, le ragazze da avvicinare, il fumo da spacciare, la coca da tirare, le armi da caricare, il potere da usare e la giustizia da riparare: ogni aspetto della vita dei protagonisti di La paranza dei bambini fa parte di un percorso di crescita che attraverso la celebrazione del branco porta alla formazione di giovani individui, bambini diventati troppo presto uomini e per questo condannati a non invecchiare mai.
Quinlan.it. Giovannesi tratteggia quest’impeto infantile – si va, come già scritto, dai quindici anni a scendere – con uno sguardo dolcissimo e dolente, facendo straripare la puberale umoralità attraverso le corse in motorino, ma allo stesso tempo ingabbiando questi ragazzini in una società in cui solo l’evidenza della ricchezza marca la differenza di classe, e la rispettabilità della persona. (...) Parte integrante di una contro-società che fa del non detto e non dichiarato il proprio cavallo di battaglia, i protagonisti de La paranza dei bambini trovano solo nel palesamento delle proprie potenzialità la forza necessaria per agire. Senza darlo a vedere, e con una dolcezza di sguardo a tratti spiazzante, Claudio Giovannesi tratteggia per quasi due ore una preparazione alla guerra. Una guerra che dovrà ancora venire, e che sarà spietata, e che sarà senza speranza. Renderà Nicola e gli altri – straordinari tutti i giovani interpreti – uomini, nell’accezione peggiore che si può attribuire a questo termine. Icone, santini pronti per altri bambini, in un ciclo infinito.
Mymovies.it. La dedica con cui Roberto Saviano apre il romanzo omonimo da cui è tratto il film da lui cosceneggiato è: "Ai morti colpevoli. Alla loro innocenza". Non si riferisce ovviamente ai camorristi che ha sempre combattuto a rischio della propria incolumità ma a quei ragazzini la cui innocenza viene compromessa dai modelli negativi che li circondano. Saviano non poteva trovare migliore interprete di questa innocenza di Claudio Giovannesi la cui filmografia è tutta incentrata su quella dualità osservata con amore e con quella compassione priva di pietismo che risale all'etimologia del vocabolo latino: 'patire con'. L'aver trovato poi nel giovane pasticcere Francesco Di Napoli lo sguardo giusto per reggere, anche nei primissimi piani, questa intenzione ha chiuso il cerchio.
Napoli è teatro della vicenda ma non è quella di Gomorra. Se la serie televisiva di straordinario successo planetario ha le caratteristiche del noir qui sono l'osservazione dei personaggi, il mutare della psicologia di Nicola ad essere al centro dell'attenzione. Lui, che ha assistito alla prevaricazione della richiesta del pizzo a sua madre, si ritrova ad andarlo a sua volta ad esigere in altro contesto salvo poi coltivare il pensiero di poter fare giustizia eliminandolo nelle aree che ritiene di controllare. Da quando ha un'arma pensa di poter ripristinare, attraverso quel possesso illegale, proprio giustizia e legalità nel suo mondo.