di Marcel Barrena, Spagna, 2024, 110′
con Eduard Fernández, Clara Segura, Zoe Bonafonte, Salva Reina, Óscar de la Fuente
Bus 47 è la storia vera e commovente di un uomo, un autobus e il destino di un quartiere.
Stufo del fatto che il Comune di Barcellona sostenesse che il trasporto pubblico non potesse raggiungere il quartiere di Torre Baró perché le strade erano troppo strette e pericolose, Manolo Vital, uno dei residenti e autista di autobus della TMB, decise di dimostrare, al volante del “47”, che le autorità si sbagliavano.
BUS 47 è la storia di Manolo Vital, ma è anche la storia del quartiere di Barcelloona Torre Baró, simile a quella di molti altri quartieri sorti negli anni ‘50 grazie all’urbanizzazione da altre zone della Spagna, per cui molte persone si stabilirono nella periferia delle grandi città del Paese. In molti casi andavano ad abitare in case costruite con le loro mani, dopo aver dovuto lasciare la loro terra per costruirsi un futuro lontano dalle proprie origini.
Anni dopo, negli anni ‘70, molti di questi quartieri non erano ancora considerati parte della città. Non avevano nemmeno l’acqua corrente, l’elettricità o altri servizi di base.
Il cinema è questo: è collettività, è formare collettivi di conoscenza, memoria e orgoglio.
Ma questo film, che parla di una comunità in particolare, che è stato realizzato con quella stessa comunità che spingeva il nostro autobus per costruire memoria e orgoglio, non parla solo di quella comunità. Parla di tutte quelle che hanno lottato per il bene della loro gente.
Marcel Barrena
Marcel Barrena ha diretto i film “Open Arms – La legge del mare” (vincitore di tre premi Goya), “100 metros” (vincitore di due premi Gaudí dell’Accademia del Cinema Catalano) e “Món Petit” (nominato al Goya come miglior documentario).
Quinlan.it - Ciò che colpisce, nel film di Barrena, non è solo la ricostruzione accurata di un episodio reale, ma la sua capacità di restituirci l’essenza politica dei luoghi invisibili: la collina di Torre Baró come simbolo di tutte quelle periferie che esistono soltanto quando qualcuno si ostina a reclamarne l’esistenza. In questo senso l’autobus non è un mezzo di trasporto: è un testimone. Misura la distanza tra chi è incluso e chi è lasciato indietro, registra la fatica di chi si alza all’alba per scendere a valle e quella di chi, all’opposto, finge di non vedere la distanza. E proprio questa semplicità, quasi elementare, permette al film di interrogare il presente: quanto delle nostre città continua a essere disegnato sulla pelle di chi vive nelle zone d’ombra? Quanto siamo disposti a tollerare la normalità dell’esclusione?
Sentieri Selvaggi - Barrena è estremamente creativo e lucido nel mettere in campo una serie di soluzioni registiche e visive che rendono Bus 47 un’esperienza di visione affatto spiacevole. Pensiamo al cambiamento offerto dall’effetto granulare della pellicola nel momento in cui si sale sul bus che Manolo guida per lavoro; di fatto rende il bus stesso un curioso congegno cinematografico, a metà tra una macchina del tempo e un contenitore di storie. O al modo in cui viene impostata l’inquadratura, che non solo rimanda a un continuo scambio tra medium fotografico e cinematografico, ma è curato in modo particolare e mai davvero banale.