di Icíar Bollaín, Spagna, Italia, 2024, 112′
con Mireia Oriol, Urko Olazabal, Ricardo Gómez, Font García, Mabel del Pozo
Nel 2000, Nevenka Fernández trova il coraggio di denunciare per molestie sessuali il suo capo: il sindaco di una cittadina della provincia spagnola. In un’epoca in cui quasi nessuno osava farlo, la sua voce ruppe il silenzio e aprì una breccia nel muro dell’impunità.
Il caso di Nevenka fu solo l’inizio di una lunga battaglia contro l’isolamento, il discredito e un sistema patriarcale che ancor oggi protegge il potere. Icíar Bollaín firma un’opera viscerale e necessaria, che illumina le zone d’ombra della società e restituisce dignità a una donna che ha pagato un prezzo altissimo per dire la verità.
Il film è in versione originale spagnolo con sottotitoli.
Icíar Bollaín • Regista di Soy Nevenka
“Le mie storie, anche quando sono di finzione, sono ispirate alla realtà”
di Alfonso Rivera
Cineuropa: Ha già trattato il tema degli abusi in Ti do i miei occhi.
Icíar Bollaín: È lo stesso tema, ma anche no, perché in Soy Nevenka parliamo di molestie pubbliche, da parte di una persona potente, mentre in quel film si trattava di un uomo comune e in privato. Quello era finzione, mentre questo film si basa su un caso reale. Inoltre, Nevenka non poteva denunciarlo perché le molestie sul lavoro non erano definite nel codice penale. Sì, torno a un processo per maltrattamento, ma tutto ciò che lo circonda è diverso. È incredibile che vent’anni dopo l’accaduto sia ancora molto attuale, purtroppo.
Però la società è più sensibile a questi temi?
La percezione sociale è cambiata, per fortuna. In Soy Nevenka abbiamo pensato di raccontare la storia delle molestie dall’interno: perché non se ne va? E perché torna a casa? Perché si rimane paralizzati, sminuiti e il tuo giudizio è offuscato quando ti succede una cosa del genere.
Le molestie e i maltrattamenti scuotono profondamente le vittime, come mostra anche la serie Querer, che si svolge sempre qui a San Sebastian, sottolineando come la paura paralizzi.
E la confusione. La cosa più difficile è stata riflettere la confusione che il molestatore Ismael Álvarez genera in Nevenka: ora scherzo e ora no, prima siamo colleghi e poi no, ora ti do un lavoro e poi sei una merda. Un manipolatore da manuale, ma tutto funziona. Come lei stessa dice allo psicanalista: non so se sto impazzendo, non mi riconosco. Sono cose di cui parliamo e che cerchiamo di trasmettere allo spettatore in modo che possa sentirle sulla propia pelle.
Questo caso reale è già stato trattato in un documentario e in un libro.
Sì, un libro di Juan José Millás, pubblicato nel 2004, e un documentario testimoniale. Ci siamo proposti di far provare qualcosa allo spettatore, di metterlo con lei in quel tunnel, in quella ragnatela, ma anche di immedesimarsi nella sua fuga, di sentire la sua liberazione. La fiction ti permette di farlo.
Soy Nevenka è un original Movistar Plus+. È così che è nato?
Dopo Maixabel i suoi produttori Koldo Zuazua e Juan Moreno mi hanno detto: “Dai un’occhiata a questo caso e fai nuovamente squadra con Isa Campo”. Ci abbiamo visto una grande storia.
Anche Maixabel è basato su evento reali.
Le mie storie, anche quando sono di fantasia, sono ispirate alla realtà. Faccio sempre ricerche, leggo e parlo con specialisti. A volte sono più le cose che escono dalla realtà che quelle che escono dalla tua testa. Poi le elabori, ma ci sono molti temi di cui sarebbe impossibile scrivere se non accadessero nel mondo reale. È una sfida portare tutto questo al cinema, perché il caso Nevenka è durato tre anni e abbiamo dovuto sintetizzare molto nella sceneggiatura. Ci interessava anche parlare di noi stessi vent’anni fa: perché la società non ha fatto nulla, ha guardato dall’altra parte e non ha capito quando lei ha denunciato Ismael.
A volte non si vogliono vedere certi abusi…
Le persone più vicine non vogliono vedere: non gli conviene, non vogliono mettersi nei guai. È come quando si è testimoni di molestie sul posto di lavoro: scoprire cosa sta succedendo rende la vita più difficile perché bisogna prendere posizione.
Crede che Nevenka sia stata giudicata socialmente per la sua bellezza?
Per essere bella e per essere giovane. Poi è stata definita ambiziosa, arrampicatrice e bugiarda.
E fu lasciata sola di fronte al pericolo.
Aveva buoni spadaccini al suo fianco quando voleva difendersi, ma era come Davide contro Golia, perché il sindaco Ismael Álvarez a Ponferrada era onnipotente. Per molti abitanti della città era un grande politico che aveva fatto molte cose, che lavorava duramente per ottenere relazioni, favori e influenza.
Però è stato impossibile girare nel luogo originale degli eventi.
Dal Comune non ci hanno risposto: hanno un governo vicino a Ismael, con un assessore che ha sostituito Nevenka. È stato difficile girare a Ponferrada, ma girare a Zamora è stato favoloso.
Mymovies.it - Non si tratta, è bene chiarirlo, di un film di impianto giudiziario. In aula si va solo nella parte finale. Veniamo messi di fronte a un serpente le cui spire si avvolgono progressivamente intorno alla vittima cercando di soffocarne, fino all'annullamento, le possibili reazioni. Ciò che però rende ancor più interessante la vicenda è che in parallelo assistiamo alle malversazioni sul piano politico di cui Nevenka si rende conto e che cerca di ostacolare. Ha contro però un'opinione pubblica che preferisce non vedere, per tornaconto o per ingenuità.
Film dalla consistente tenuta narrativa Il mio nome è Nevenka ci ricorda ancora una volta che il facile e superficiale giudizio (non solo maschile) di fronte a questi casi necessita ogni volta di azzeramento. Per comprendere le dinamiche assumendo la giusta distanza dalle prese di posizione aprioristiche o (oggi perché all'epoca non erano ancora presenti) dai giudizi sommari dei social.
Cineuropa - (...) un lungometraggio che unisce elementi di thriller, horror psicologico e dramma familiare e sociale. Perché, accompagnando la protagonista in ogni momento con la macchina da presa, il film cerca l'empatia dello spettatore con questa vittima di una situazione stressante, paralizzante e folle che l'ha travolta e ha causato tanti danni, sentendosi sola di fronte a un pericolo che la vile società circostante non voleva vedere. Il film – realizzato in modo impeccabile, ma con una certa tendenza al film per la tv e con pochi rischi nella messa in scena – fa appello, con rispetto e tensione drammatica, alla dignità delle persone fin dal titolo e alza la voce (come altre opere recenti) contro gli abusi, le molestie e la violenza sessista che, purtroppo, non smette di fare notizia.