di Armando Iannucci, Gran Bretagna, Francia, 2017, 106′
con Adam Shaw, Andrea Riseborough, Cara Horgan, Dermot Crowley, Eloise Henwood, Gerald Lepkowski, Gumuliauskas Vaclovas, Jason Isaacs, Jeffrey Tambor, Jonathan Aris, Justin Edwards, Michael Palin, Olga Kurylenko, Paddy Considine , Paul Whitehouse, Richard Brake, Roger Ashton-Griffiths, Rupert Friend, Simon Russell Beale, Steve Buscemi
La sera del 28 febbraio del 1953, Radio Mosca diffonde in diretta il "Concerto per pianoforte e orchestra n.23" di Mozart. Toccato dall'esecuzione che ascolta nella sua dacia di Kountsevo, Joseph Stalin domanda una registrazione. Ma nessuna registrazione era prevista per quella sera. Paralizzati dalla paura, direttore e orchestra decidono di ripetere il concerto. Tutti tranne Maria Yudina, la pianista che ha perso famiglia e amici per mano del tiranno. Convinta a suon di rubli, cede, suona e accompagna il disco con un biglietto insurrezionale. L'orchestra si vede già condannata al gulag. Ma l'indomani Stalin è moribondo. Colpito da ictus, muore il 2 marzo scatenando un conflitto feroce per la successione tra i membri del Comitato Centrale del PCUS.
La morte, annunciata tre giorni dopo, sgomenta il Paese che si riversa in piazza 'agevolando' tradimenti, abili manovre e un colpo di stato, concluso con la morte di Beria e aperto all'avvento di Krusciov (e alla cospirazione di Brežnev).
Mymovies.it. Centrato sull'agonia del tiranno e basato sulla graphic novel di Fabien Nury (sceneggiatura) e Thierry Robin (disegno), Morto Stalin, se ne fa un altro evoca in filigrana la destalinizzazione e si consacra alla feroce guerra di successione aperta con la dipartita di Joseph Stalin. Scritto e diretto da Armando Iannucci, rodato specialista della satira politica (The Thick of It, Veep, In The Loop), Morto Stalin, se ne fa un altro è fedele al precetto hitchcockiano che associa la riuscita di un film alla qualità del cattivo.
E in questa farsa crepuscolare, vero-falso racconto storico, di cattivi ce ne sono tanti e tutti di grande fattura. Niente eroi, soltanto una gerarchia violenta e dannata, guidata da una sete di potere annegata nella vodka. In quell'areopago di farabutti che è il Politburo, Beria è il peggiore di tutti. Interpretato con disinvolta dissolutezza da Simon Russell Beale, alterna alla contrizione ufficiale la soddisfazione intima. Bramoso di potere, ruba i dossier segreti di Stalin per ricattare i suoi compagni-avversari. Il sorriso sardonico, dietro le lenti opache, fa il paio col sadismo ostentato (Beria fu predatore sessuale seriale), producendo un personaggio decisamente mostruoso.
Quinlan.it. Si deve poter superare uno scoglio di non poco conto nel corso della visione – e soprattutto dei primi minuti – di Morto Stalin, se ne fa un altro (The Death of Stalin è il titolo originale), film di produzione franco-inglese diretto dallo scozzese di origini italiane Armando Iannucci e presentato in concorso al Torino Film Festival. Il fatto che si possa aver la voglia di ridere su una delle pagine più nere della storia del Novecento (e dell’umanità tutta), il fatto che le purghe staliniane possano travestirsi da operetta buffa buona ad accumulare un buon numero di gag e di trovate.
(...) Superato con molta fatica questo scoglio, è poi inevitabile apprezzare il ritmo, la verve visiva e l’ottima vena degli attori in scena (a partire da Steve Buscemi nei panni nientemeno che di Chruščёv), sollevando giusto qualche dubbio su una narrazione che ai due terzi arranca visibilmente e sulla prevedibilità di non poche gag (che vanno sempre, ripetutamente e ossessivamente, nella direzione della ridicolizzazione e della demenzialità). Apprezzabile, d’altronde, anche la scena della situazione della lunga degenza di Stalin, mezzo morto a terra, dove si coglie tutta la vigliaccheria dei suoi accoliti: il re è nudo e si è anche pisciato sotto.
Filmtv.press. Inchinandosi uno per uno, reverenti, a onorare il corpo del leader stramazzato al suolo, i membri della dirigenza sovietica inesorabilmente finiscono inzuppati nella pozza di urina che circonda Stalin: il momento, da grave, si fa greve. Lo scozzese Iannucci preleva il palcoscenico stilizzato del graphic novel dei francesi Fabien Nury & Thierry Robin (La morte di Stalin, Mondadori Comics), le dominanti bianche e scarlatte di una Urss da fumetto, lo fodera di umorismo british e lo popola di istrioni talmente perfetti nei rispettivi ruoli da far levare il cappello già sul prologo. Steve Buscemi è l’arrembante Chrušcëv, Jeffrey Tambor è il mellifluo Malenkov, Michael Palin (la cui presenza acuisce le derive verso un umorismo nonsense debitore dei Monty Python) è il “flessibile” Molotov, Simon Russell Beale è il diabolico Berija e Jason Isaacs il cruento generale Žhukov: una squadra di fuoriclasse in miracoloso equilibrio, i cui talenti si esaltano uno con l’altro al ritmo dei dialoghi puntuti. Dissacrante nel senso più letterale del termine, il film mette in scena il balletto frenetico e crudele che gli “eredi al trono” danzano sul corpo caldo di Stalin: prigionieri politici diventano merce di scambio, liste di condannati a morte si modificano con grottesca velocità, mentre proseguono esecuzioni spietate, messe in scena con levità gioiosamente scorretta. Che, significativamente, ha fatto irrigidire sia chi invoca il rispetto per le vittime del regime staliniano, sia chi storce il naso per lo sberleffo alla Madre Russia proprio nel centenario della Rivoluzione d’ottobre: sintomo di una satira ben assestata.
Cineforum.it. Il regista scozzese, complice anche un cast d'eccezione, tra cui spicca uno Steve Buscemi al meglio di sé, costruisce un'opera degli eccessi, in cui il black humor raggiunge tonalità tanto cupe quanto esilaranti. Riprendendo l'omonimo graphic novel di Fabien Nury e Thierry Robin, Iannucci porta quindi in scena una lunga serie di personaggi ridicoli, dai soldati privi di qualsiasi pensiero critico, automi sia nella paura della sovversione, sia nella fedeltà, ai vertici del Cremlino, troppo preoccupati di piacere a Stalin quasi come a un fidanzato (le barzellette a cui ride vengono promosse, tutte le altre meticolosamente scartate; alle sue serate-film non si può dire no, nonostante guardi solo western), ai figli, Svetlana e Vasilij, che sembrano bloccati in un'infanzia di vizi e pretese.