di Andrea Arnold, Gran Bretagna, USA, Francia, Germania, 2024, 119′
con Barry Keoghan, Franz Rogowski, Nykiya Adams, Jason Edward Buda, James Nelson-Joyce
Bailey (Nykiya Adams) ha 12 anni e vive in una casa occupata abusivamente nel nord del Kent con il giovanissimo padre Bug (Barry Keoghan), uno scapestrato circondato da amici senza prospettive, il fratello Hunter (Jason Buda) e Kaleygh (Frankie Box), la nuova fiamma del padre.
E’ una ragazza sensibile e ribelle, che passa il proprio tempo con i giovani teppisti della zona o, più spesso, da sola; la sua vita cambia quando incontra Bird (Franz Rogowski), misterioso vagabondo alla ricerca dei genitori, con cui stringe una profonda amicizia.
«Quando mi chiedono da dove arriva la mia ispirazione, rispondo: dalla vita. Direi che sono una che guarda, un’osservatrice, e le persone che mi conoscono bene dicono che di solito noto cose che altri non vedono».
«Bird è stato il film più difficile che ho fatto. Ci sono state molte più sfide del solito e restrizioni che non avevo mai incontrato. Ho dovuto cambiare tanto nella sceneggiatura e il montaggio è stato davvero complesso»
Andrea Arnold
Sentieri Selvaggi - Quello di Andrea Arnold è un cinema che cerca i suoi padri (ancora Truffaut ma anche Ken Loach), che esplode dal momento in cui Bug va sul monopattino assieme ai figli Bailey e Hunter per aiutare quello maggiore che vuole raggiungere la sua ragazza in Scozia e un finale bellissimo che diventa una danza iniziata già dal momento in cui Bug canta a squarciagola Lucky Man dei The Verve nel giorno del suo matrimonio. Il volo stavolta è altissimo, quello di un cinema mutante che resta sempre fedele all’urgenza sociale ma si apre a 360° per mostrare che forse sì, tra la merda di tutti i giorni, ci può essere un posto per tutti. È un cinema che, dietro il suo stile naturalista, con la camera nervosa è tutto rabbia, istinto, passione. Selvaggio e pieno di grazia.
Quinlan.it - Trovando un miracoloso equilibrio tra la verace e sapida rappresentazione del sottoproletario britannico e una deriva poetica, lirica, ma anche fantasy così preponderante, Andrea Arnold trasforma il suo sesto lungometraggio di “finzione” in un’opera a suo modo quasi inclassificabile, dotata proprio per questo motivo di una libertà innata, che le permette di non doversi accomodare in regole stantie e abitudini dello sguardo. In tal senso svolge un ruolo non indifferente anche la fotografia in pellicola di Robbie Ryan, perché a sua volta si posiziona in un luogo dello spazio/tempo non più contemporaneo, ma materico nel saper tramutare in immagine ciò che gli vive innanzi. Andrea Arnold tratteggia un romanzo di formazione di una dolcezza straripante, innamorata com’è di (quasi) tutti i suoi personaggi
Cineuropa - Bird è profondamente radicato nella dura realtà delle parole violente e dei cicli di traumi familiari, così come nei legami mistici che legano gli uomini agli animali: in questi incroci, il film trova la salvezza. È proprio questa sinergia a rendere l'opera una meraviglia del cinema europeo contemporaneo. E si vede anche: la macchina da presa affettuosa di Robbie Ryan ha ancora una volta il compito di avvicinarci alle meraviglie inarticolate che circondano una protagonista femminile, a maggior ragione in un progetto che tratta la distanza tra le specie non come un divario, ma come un ponte.