di Mohammad Rasoulof, Iran, Germania, Francia, 2024, 168′
con Soheila Golestani, Missagh Zareh, Mahsa Rostami, Setareh Malek
Teheran. I festeggiamenti per la promozione di Iman a giudice istruttore del Tribunale della Guardia Rivoluzionaria coincidono con il movimento di protesta popolare a seguito della morte di una giovane donna.
Iman è alle prese con il peso psicologico del suo nuovo ruolo.
Mentre le sue figlie, Rezvan e Sana, sono scioccate e, allo stesso tempo, elettrizzate dagli eventi, la moglie Najmeh cerca di fare del suo meglio per tenere insieme la famiglia.
Quando Iman scopre che la sua pistola d'ordinanza è sparita, sospetta delle tre donne. Spaventato dal rischio di rovinare la sua reputazione e di perdere il lavoro, diventa sempre più paranoico e inizia, in casa propria, un'indagine in cui vengono oltrepassati tutti confini, uno dopo l’altro...
Nel corso di questi anni ho scritto diverse sceneggiature ma ciò che alla fine mi ha indotto a realizzare Il seme del fico sacro è stata la mia esperienza per essere stato arrestato nuovamente nell’estate del 2022. Questa volta la mia esperienza in prigione è stata unica dal momento che è coincisa con l’inizio in Iran delle rivolte per Jina (Donna, Vita, Libertà). Io ed altri prigionieri politici seguivamo i cambiamenti sociali da dentro il carcere. Mentre le proteste andavano in una direzione inattesa ed avevano una
estensione significativa, eravamo sorpresi dalla loro portata e dal coraggio delle donne.
Quando sono stato rilasciato dal carcere, la domanda più importante era: su cosa dovrei fare un film ora? (...)
Non appena sono stato rilasciato, volevo fare un nuovo film per contribuire a questo sforzo. Ma non è facile mettere insieme persone in grado di accettare i rischi di un'impresa così audace. Ci sono voluti diversi mesi per riunire gli attori e lo staff tecnico. Durante le riprese, a volte la paura di essere arrestati ha gettato un’ombra sul gruppo, ma, alla fine, il loro coraggio è stato la forza trainante che ci ha consentito di continuare a lavorare.
FilmTv - Il fico sacro, albero venerato da induisti, buddhisti e giainisti, sviluppandosi, tende a soffocare con i suoi rami gli alberi vicini. Con una metafora evidente ma opaca, Rasoulof crea un meccanismo implacabile originandolo da un classico elemento poliziesco: un poliziotto perde la sua arma. Con lucidità implacabile (evidenziata, come forse ricorderanno i lettori, nell’intervista che Rasoulof concesse al nostro giornale sul n. 11/2022, nella quale prevedeva con straordinario acume non solo il suo destino individuale ma quello dell’Iran tutto) e con precisione hitchcockiano-bressoniana, il film procede a evidenziare un processo di disgregazione violentissimo. Le attese e i silenzi gestiti con sublime sapienza formale, l’insistenza nel voler osservare le derive della violenza fanno di Il seme del fico sacro non solo un thriller implacabile ma anche uno dei film politici più inesorabili degli ultimi decenni.
Quinlan.it - Potentissimo j’accuse contro la connivenza con il sistema, e racconto di come ciò che permea una nazione finisca per entrare progressivamente nelle menti dei suoi cittadini fino a riconfigurarne persino i limiti morali ed etici, Il seme del fico sacro è un lavoro denso, coraggioso – Soheila Golestani e Misagh Zare, unici membri del cast principale a vivere ancora in Iran, rischiano gravi ripercussioni in questi giorni e nei mesi a venire, anche se lo stato di confusione nazionale a seguito del decesso di Ebrahim Raisi nell’incidente del 19 maggio potrebbe giungere in soccorso in tal senso –, che ha voglia di apparire a suo modo eretico rispetto alla prammatica di buona parte della produzione iraniana. Sarà anche l’ultimo film iraniano di Mohammad Rasoulof per chissà quanto tempo, se ne può essere certi: sarà interessante scoprire come e quanto il regista si farà permeare da un altro sistema, più democratico ma altrettanto amante del “controllo”.
Cineforum.it - Il suo film adopera le formule del cinema classico, come appunto il MacGuffin hitchcockiano della pistola sparita, o il confronto da western nel villaggio abbandonato, che diventa un labirinto escheriano nella forma e kubrickiano nella sostanza; ma evoca esplicitamente anche le strutture ancestrali della fiaba, come d’altronde faceva proprio Kubrick. E tutti questi sono motivi di forza, non una debolezza. Come è una forza disattendere le attese dello spettatore che si crede più smaliziato, perché a volte le cose sono esattamente come sembrano. Certo, forse non ha la raffinatezza registica di un Panahi o la scrittura articolata di un Farhadi, e non punta magari nemmeno ad avere quel tipo di stile; non ha probabilmente nemmeno avuto il tempo per mettere a punto delle soluzioni visive o di scrittura di grande raffinatezza. Ma ha l’urgenza dirompente di raccontare la frattura di una società che cerca di aprire il paese alla democrazia e alla libertà di espressione dopo 45 anni di regime teocratico, pagando le conseguenze del proprio gesto con l’esilio.
Internazionale .it - Figlio delle proteste che hanno incendiato l’Iran nel 2022, mentre Rasouloff si trovava in carcere, Il seme del fico sacro è un’opera potente e all’apparenza semplice, trascinante per quanto grave, geniale nella scrittura delle dinamiche psicologiche sempre inscindibili da quelle sociali. Un caleidoscopio delle contraddizioni con cui ci confrontiamo tutti, e non solo la soffocata società iraniana, inno alla rivolta giovanile, e in primo luogo femminile, ma senza posa retorica. Il seme del fico sacro è un affresco perfetto nella messa in scena.