di Claudia Cipriani, Claudia e Silvia Pinelli, Niccolò Volpati, Italia, 2019, 70′
con Roberta Lombardi, Tommaso Russi, Mara Grazioli, Alida Volpati
Quella di Giuseppe Pinelli è una storia conosciuta, raccontata in molte testimonianze, numerosi libri e opere teatrali di cui la più famosa è “Morte accidentale di un anarchico” di Dario Fo. Gli autori scelgono di raccontarla da un punto di vista inedito: sono i ricordi delle figlie che, un passo alla volta, ci fanno conoscere Giuseppe Pinelli.
Il racconto di Claudia e Silvia Pinelli comincia nel 1969, quando avevano 8 e 9 anni e si conclude il 9 maggio del 2009 quando la famiglia è stata ricevuta al Quirinale dal Presidente Giorgio Napolitano che, in quell’occasione, definì Pinelli “la diciottesima vittima della strage di Piazza Fontana”.
Il punto di vista delle bambine permette di entrare gradualmente in una storia complessa e intricata: man mano che le due crescono, aumenta anche il loro livello di consapevolezza, s’infittisce l’insieme di informazioni, si articola il discorso politico e il contesto storico. Contemporaneamente si sviluppa la storia personale di Giuseppe Pinelli, insieme all’evoluzione degli accadimenti storici di cui quella storia è riflesso: le contestazioni a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, la “strategia della tensione”, l’Europa divisa in due blocchi.
Per chi già conosce la storia di Pinelli, il racconto delle figlie permette di esplorare, insieme al contesto politico, anche quello emotivo, famigliare e dunque più intimo.
“Pino, vita accidentale di un anarchico” racconta non solo la morte di Pinelli, ma anche la sua vita, le sue idee, i suoi affetti.
Ospiti in sala la regista Claudia Cipriani e Silvia Pinelli.
NOTE DI REGIA
“Pino, vita accidentale di un anarchico” è insieme un film d’animazione e un documentario con fotografie e filmati d’epoca; pensato principalmente per un pubblico giovane o che non conosce nei dettagli le vicende narrate. Era dunque per noi importante raccontare questa storia da una prospettiva che facilitasse la comprensione del contesto storico e al contempo creasse empatia e suscitasse emozione.
Era necessario trovare una soluzione narrativa originale. Da qui la scelta di non ricorrere a interviste.
La storia è raccontata attraverso una tecnica di cartooning delle riprese di personaggi reali e una grafica d’animazione, realizzata appositamente per questo lavoro. Fanno da contrappunto all’animazione alcuni inserti corredati da immagini di repertorio (foto e video). Queste sequenze, che chiariscono il contesto storico e politico, sono essenziali per comprendere come una storia apparentemente piccola, sia diventata parte della Storia del Paese.
Una storia piccola che divenne così importante da segnare una frattura fondamentale: a partire da lì, molte cose sono in Italia, non sono più state come prima.
Gli autori del progetto, Claudia Cipriani e Niccolò Volpati, lavorano insieme da molti anni e hanno realizzato altri sei lungometraggi e diversi cortometraggi. I loro documentari, tra cui La guerra delle onde, Lasciando la Baia del Re, L’ora d’acqua, sono stati trasmessi da reti televisive, hanno ricevuto riconoscimenti importanti (tra cui la nomination ai David di Donatello), sono stati selezionati da festival nazionali ed europei e hanno avuto una distribuzione cinematografica.
Estreme Conseguenze - Grafite è parola ingannevole, perché ricorda il graffiare e quindi si finisce con il pensare che la matita, la cui mina di grafite è fatta, graffi e, invece, la matita scrive come dice il suo etimo, gráph.
Di matita sono i segni di “Pino. Vita accidentale di un anarchico”. È il titolo del bello e commovente film animato della regista Claudia Cipriani, che abbiamo avuto il privilegio di vedere in anteprima all’Arci Bellezza di Milano. Il titolo inganna, nel senso che somiglia così tanto all’opera di Dario Fo, “Morte accidentale di un anarchico”, che potreste pensare di sapere già tutto, di non avere nulla da vedere, ma non è così. Anzi è il contrario di ciò che avete visto finora o meglio, è tutto ciò che non vi hanno mai raccontato: la vita, il vivere di Pino, di Giuseppe Pinelli. A prendervi per mano, sin dai primi fotogrammi, ma bisognerebbe dire tavole disegnate, sono Claudia e Silvia, le figlie dell’anarchico suicidato alla Questura di Milano, nella notte tra il 15 e il 16 dicembre di mezzo secolo fa, il 1969.
Mymovies -
Claudia Cipriani ha realizzato un documentario di impegno civile trovando anche la cifra giusta per proporlo a chi in quegli anni doveva ancora nascere o a chi c'era ma non trova che l'oblio sia la scelta migliore.
Ha raccolto le testimonianze di Claudia e Silvia Pinelli le quali hanno ripercorso quegli anni rievocando le emozioni e i sentimenti vissuti come bambine in grado di comprendere solo in parte quanto accadeva intorno a loro e seguendole poi ora come donne che tengono a testimoniare la coerenza e la pulizia della figura paterna. Ha poi trovato nella tecnica mista (animazione, attori e materiale di repertorio) il giusto equilibrio per tenere desta l'attenzione e staccandosi dal documentario classicamente inteso.