di Jonathan Glazer, Gran Bretagna, Polonia, USA, 2023, 105′
con Christian Friedel, Sandra Hüller, Johann Karthaus, Luis Noah Witte, Nele Ahrensmeier
Liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Martin Amis, “La zona d’interesse” è la storia di una famiglia tedesca apparentemente normale che vive - in una bucolica casetta con piscina - una quotidianità fatta di gite in barca, il lavoro d’ufficio del padre, i tè della moglie con le amiche, le domeniche passate a pescare al fiume. Peccato che l’uomo in questione sia Rudolf Höss, comandante di Auschwitz, e la deliziosa villetta con giardino in cui vive con la sua famiglia in una surreale serenità è situata proprio al confine con il campo di concentramento, a due passi dall’orrore, così vicino e così lontano. Dal talento di Jonathan Glazer (Under The Skin), un’opera imprescindibile sulla perdita dell’umanità e sulla banalità del male, Gran Premio
Speciale della Giuria a Cannes 2023.
NOVITA’: ogni sera Il Mago dei Fornelli prima della proiezione propone un menu di piatti selezionati ispirati ai film.
Orario cucina: 19:00 – 22:00. Prenotazione necessaria
MENU SAPORI DI POLONIA -€ 17:00 dessert e bevande escluse - prenotazione QUI
Sono inoltre disponibili al ristoro dolci, acqua, bibite, vino, birra, cocktail
Mymovies.it - La banalità del male: era il termine che aveva coniato Hannah Arendt, negli anni ’60, per descrivere la deludente, quasi meschina dimensione del criminale di guerra nazista Adolf Eichmann. Era andata in Israele a seguire il processo a questo gerarca nazista, responsabile delle deportazioni di milioni di ebrei. E vide davanti a sé solo un uomo ottuso, mediocre.
La banalità del male. La normalità del male. La semplicità del male. Viene alla mente, eccome, vedendo La zona d'interesse, il film di Jonathan Glazer che a Cannes, il maggio scorso, ha vinto il Grand Prix du Jury, e che è ora candidato a cinque Oscar, fra cui quello per il miglior film. Un film sperimentale sull’Olocausto. Un Grande fratello nazista. Un film necessario, sull’abilità dell’uomo – e delle donne – di far sparire la coscienza sotto il centrino della tavola. Un film sull’orrore, che fingiamo di non vedere, oltre il giardino.
Cineforum.it - Glazer (con la direttrice del casting Simone Bär) affida i due ruoli chiave a Christian Friedel (Il nastro bianco, Amour Fou) e Sandra Hüller (Vi presento Toni Erdmann, Anatomie d’une chute), che indossano con fredda naturalezza, senza le forzature, senza le caricature “dell’obbligo”, da film sul nazismo, i sintomi delle nevrosi che li accompagnano: lui apatetico, pallido e un po’ gonfio, lei, caratterizzata da un blando claudicare, come una vera signora della classe media, gestisce la casa, educa i figli, riceve visite e recupera, quando può, la “roba bella”, quella che le persone di là dal muro non torneranno mai a indossare. Quando Rudolph viene assegnato a nuova mansione, la principale preoccupazione è quella di non perdere il privilegio di vivere in quel “paradiso”, anche a costo di dover accettare compromessi, di non rinunciare a quelle gioiose adunate di famiglia in piscina; momenti di convivialità straniante ...
FilmTv - Jonathan Glazer non adatta La zona d’interesse di Martin Amis. Lo riduce ai minimi termini (come già fece in Under the Skin col romanzo di Michel Faber). Lo spoglia. Ne riprende, esclusivamente, quel che è mostrabile. Ci sono tre storie, nel romanzo. Due ufficiali SS, un Sonderkommando. Fa sintesi delle prime due. E cancella l’ultima, che rientra, poi, in forma documentale (testo in calce, come sottotitolo, a ritmo di musica, ma privo di voce: non è un caso). Quel che resta è la vita oscenamente tranquilla di Rudolf Höss, primo comandante del campo di concentramento di Auschwitz, e della sua famigliola.
Quinlan.it - Le sequenze bucoliche, come se fossimo in un diabolico rovesciamento di Tutti insieme appassionatamente, sono probabilmente l’immagine più emblematica de La zona d’interesse, la metafora di un popolo, di una nazione, di un sistema che ha totalmente perso di vista la realtà, cedendo collettivamente alla follia programmatica del nazismo. Inconcepibile? Forse. Eppure la famiglia di Rudolf Höss, come moltissime altre, è lì a ricordarci della normalità del male, delle famiglie felici e sterminatrici. Salutavano sempre, curavano il giardino, che bravi ragazzi i figli. Tutto questo accanto alle grida, ai lamenti, al rumore dei forni inarrestabili, ventiquattro ore su ventiquattro.