di Laura Poitras, Usa, 2022, 113′
con Nan Goldin, Alfonse D'amato, Ed Koch, John Mearsheimer, Cookie Mueller.
Le hanno detto che la sua fotografia non era arte, le hanno detto di stare zitta, le hanno detto che per quelli
come lei, nel mondo, non c’era posto. Nan Goldin si è fatta strada nella vita con le unghie e con i denti, fino
ad affermarsi come una delle più influenti fotografe contemporanee e come attivista di fama internazionale.
La regista premio Oscar® Laura Poitras (CITIZENFOUR) racconta l’epopea umana e artistica di Goldin a
partire dalla sua battaglia contro la famiglia Sackler, tra le maggiori responsabili della crisi degli oppioidi che
negli ultimi venticinque anni ha causato negli Stati Uniti un incremento costante di morti per overdose da
farmaco.
Grazie all’utilizzo di diapositive, fotografie, dialoghi intimi e filmati finora inediti, le azioni del gruppo
P.A.I.N., fondato da Goldin per denunciare i Sackler e togliere lo stigma sulla dipendenza, si intrecciano con
le sue vicende biografiche passate; un percorso di vita tumultuoso e appassionante – dal difficile rapporto coi
genitori al trauma per il suicidio della sorella Barbara, dalla fuga di casa alle difficoltà economiche, fino alla
progressiva affermazione – che attraversa i decenni e i temi mescolando vicende personali e spaccato sociale.
E che ha donato a Nan Goldin uno sguardo unico sulla realtà e la capacità di intravedere e sublimare con la
sua arte ciò che la sua compianta sorella aveva sempre davanti agli occhi: tutta la bellezza del mondo, tutto il suo dolore.
NOTE DI REGIA:
“All’inizio sono stata attratta dalla storia terrificante di una famiglia miliardaria che ha consapevolmente creato un’epidemia e ha successivamente versato denaro ai musei, ottenendo in cambio detrazioni fiscali e la possibilità di dare il proprio nome a qualche galleria. Ma mentre parlavamo, ho capito che questa era solo una parte della storia che volevo raccontare, e che il nucleo del film è costituito dall’arte, dalla fotografia di Nan e dall’eredità dei suoi amici e della sorella Barbara. Un’eredità di persone in fuga dall’America”. (Laura Poitras)
Mymovies - Arte e vita si rincorrono e si nutrono l'una dell'altra, lo sentiamo direttamente dalla voce rauca di Goldin, che riflette con lucidità sulle proprie immagini, la loro risonanza nel tempo, il loro odore, le esperienze collegate. È questo - molto oltre la denuncia dell'avidità del gruppo farmaceutico, clamorosamente scampato a processo penale, o la cronaca degli attivisti di PAIN - il solido pregio di un film stratificato e compatto: associare, tramite la forza delle immagini, il fare artistico a una presa di posizione politica. Identificare cioè nell'ipocrisia di famiglia e società le radici del suicidio di una nazione che censura, vittimizza e stigmatizza chi diventa dipendente e non chi vive del profitto di quella dipendenza.
Sentieri Selvaggi - Dopo essere stata influenzata dal cinema di Antonioni, Fellini e l’opera video di Andy Warhol, l’opera di Nan Goldin a sua volta diventa un punto focale per diversi fotografi che si aprivano finalmente ad esplorare mondi paralleli. Negli anni ’90, dopo un lungo periodo di disintossicazione, trova un’altra strada in cui poter esprimere la sua creatività, quella della natura che sarà la protagonista dei suoi lavori. La documentarista statunitense, autrice di My Country My Country, nomination agli Oscar nel 2006, Citizenfour, premio Oscar nel 2014, Risk su Julian Assange, presentato a Cannes nel 2016, lascia scorrere quelle fotografie dalla composizione imperfetta, spesso addirittura sfocate, capaci di influenzare interi segmenti della fotografia contemporanea. Quell’equilibrio delle forme e dei colori in un mondo disperato che cammina funambolicamente tra dipendenze, amore e morte, la poesia dell’arte che non sempre è conciliante, tutto questo si evince con prepotenza dalle immagini del documentario.