di Jean-François Laguionie, Francia/Canada, 2014, 75′
con Piera Degli Esposti, Diane Dassigny, Dominique Frot, Antony Hickling, Jean-François Laguionie
L'ultimo treno dell'estate parte dalla località balneare di Biligen, riportando in città gli ultimi vacanzieri e dimenticando l'anziana Louise. Poco male, pensa la donna, i parenti si accorgeranno presto della sua assenza e verranno a prenderla. Ma così non è. Completamente sola nella cittadina deserta, Louise si trova a doversi arrangiare per recuperare il cibo e tutto ciò che le serve. Come una novella Robinson, si scoprirà più forte e intraprendente del previsto e troverà il suo Venerdì nel cane Pepper, anziano e solo come lei, con il quale stringe un'amicizia vitale. Con le onde del mare, ritmiche e inarrestabili, arrivano anche i ricordi. Il tempo cambia passo nella solitudine e le stagioni si confondono, anche quella della vita.
Ondacinema.it Solo superficialmente il film è metafora della solitudine della terza età, di cui la società contemporanea sembra dimenticarsi facilmente. Louise è risucchiata in una dimensione completamente slegata dal mondo, un vero e proprio universo parallelo, in cui il surreale e l'inverosimile hanno piena cittadinanza. Quale motivo si nasconde allora nella solitudine di Louise? Perché, effettivamente, è rimasta sola?
Louise rimane sola perché, letteralmente, il tempo si è fermato - o meglio, ha preso un'altra via. Mentre preparava i bagagli, le lancette di un orologio segnavano un'ora sbagliata (per questo ha perso il treno): da questa fatalità, casuale solo in apparenza, si comprende che il film ha a che fare con la discronia fra le stagioni reali (i giovani che popolano la spiaggia all'inizio del film) e le stagioni interiori. Il tempo interiore è sia quello della vita intera, in cui alcuni momenti del passato coesistono col presente, vivi nella memoria, sia l'età che si sta vivendo (la vecchiaia, per Louise). Soffermandosi sul titolo italiano, una cosa sono le stagioni, altra cosa quelle di Louise. "Le stagioni di Louise" rappresenta una riflessione profondamente ispirata sul tempo, sulle stagioni della vita e sulla terza età: una riflessione matura, in cui è evidente che l'autore sa bene ciò di cui parla (Laguionie ha 77 anni).
Cineforum.it. Il lavoro attento sul sonoro (ricercato ma non ostentato) contribuisce a creare uno spazio insieme realistico e immaginario, aiuta a confondere sogno, realtà e memoria. La morte è onnipresente, ma non fa paura, è solo un’altra faccia della vita, che ha sempre una nuova possibilità.
Le stagioni di Louise (ma Louise en hiver suona meglio e suggerisce di più) non teme i silenzi e i vuoti, anzi rischia ogni tanto di scivolare sulla sua trasparenza, il tratto delicato, le leggerezza del tocco, fino quasi a scomparire. Ma riesce anche a evocare la vertigine di uno sguardo gettato oltre la scogliera. Riesce a rendere la paura e la (ri)scoperta della libertà. E quando il film sembra quasi compiacersi troppo della propria lirica diversità, arriva una piccola idea narrativa, un suono, un gesto, un dialogo tra il cane e Louise (la voce di Piera Degli Esposti aiuta) che ci riporta coi piedi per terra, dentro il vento, tra le onde del mare.
Mymovies.it. Giudicato all'unanimità tra gli esponenti più importanti e interessanti dell'animazione francese, Jean-Francois Laguionie si è fatto conoscere, a fine anni Settanta, con il cortometraggio "La traversée de l'Atlantique à la rame", che già parlava dell'oceano e scherzava con il tempo. Le stagioni di Louise arriva ora come una vera e propria sintesi della poetica e della pratica artistica di Laguionie, che affonda nella sua biografia - le vacanze trascorse sulle coste della Normandia - e nel suo amore per i pittori francesi del secondo Ottocento, che di quelle coste avevano fatto l'oggetto delle loro vedute, o meglio visioni.
L'intensità del film nasce, oltre che dal tono pacato e leggermente ironico del racconto, soprattutto dal modo in cui si fondono il realismo delle immagini e la tecnica del guazzo che le illustra, apportando tali colori e una tale matericità che il naturalismo è presto superato e si sfonda nella sfera del poetico.