di Pedro Almodóvar, Spagna, 2021, 120′
con Rossy De Palma, Penélope Cruz, Milena Smit, Aitana Sánchez-Gijón, Israel Elejalde
Compagne di 'gravidanza' in una clinica di Madrid, Janis e Ana diventano madri lo stesso giorno. Janis è una fotografa affermata, Ana un'adolescente anonima. La nascita di due bambine crea un legame forte che evolve in maniera simmetrica. Janis ha deciso di crescere da sola la figlia che l'amante, un antropologo forense, non 'riconosce' come sua, Ana, 'abbandonata' dai genitori sempre altrove, fa altrettanto. Ma il destino è dietro l'angolo e finirà per incontrarle di nuovo dentro una Spagna che fa i conti col passato e il DNA nazionale.
Il film inizia con Janis che cerca un modo per aprire la tomba dove giace il suo bisnonno, assassinato durante la guerra civile spagnola. E termina tre anni dopo, con l’apertura della tomba stessa. Al centro del film, c’è il suo rapporto con Ana, complicato in maniera inaspettata. Madres paralelas parla degli antenati e dei discendenti, della verità sul passato storico e della verità più intima dei personaggi. Parla dell’identità e della passione materna attraverso tre madri molto diverse tra loro. Insieme a Janis e Ana, c’è Teresa, la madre di Ana, egoista e priva di istinto materno. Come narratore, in questo momento sono queste madri imperfette, molto diverse da quelle che sono apparse finora nella mia filmografia, quelle che più mi ispirano. Questo è il personaggio più difficile che Penélope Cruz abbia mai interpretato, e probabilmente il più doloroso. Il risultato è splendido. Al suo fianco, la giovane Milena Smit è la grande rivelazione del film. La purezza e l’innocenza della sua Ana accentuano le parti più oscure di Janis. Entrambe sono molto ben accompagnate da Aitana Sánchez Gijón e Israel Elejalde. Alla fine faranno tutti parte di una famiglia pittoresca e inattesa, ma comunque vera e autentica.
Quinlan.it - Madres paralelas è un film sul passato, sul presente e soprattutto sul futuro della Spagna, dei diritti civili, delle libertà individuali. La giovane, bella e magnetica Ana (Milena Smit) è figlia e madre, è amica e amante, è così mutevole e fluida da essere un emblema, un’aspirazione. Ana ha un DNA che si è liberato dalle scorie del franchismo, ma anche dalle pastoie della famiglia tradizionale, dei paletti imposti sull’amore e sul sesso. Mutevole e fluida anche nell’aspetto, Ana non conosce Janis Joplin ma è come se l’avesse sempre ascoltata – lei, figlia di un contesto opprimente, politicamente disimpegnato e\o destroide.
Cineforum.it - Un mondo di donne che non sono bastanti a se stesse per principio o battaglia o scarsa considerazione degli uomini, ma che hanno imparato a bastarsi per necessità, destino, scelta, imposizione, bisogno. Ognuna diversa, ognuna con le complessità e le semplificazioni, le trasparenze e le contraddizioni, i gesti coraggiosi e le meschinità che le caratterizzano. Ognuna pronta a lottare - anche contro se stessa - per la propria libertà, accettabile o meno che sia. Cosi il mélo si spoglia, si asciuga e si fa dramma - umano e storico - con una posizione tanto netta e precisa da diventare quasi arringa, dichiarazione d’intenti, manifesto (rigoroso ma non didascalico, sia chiaro). E così Janis si ritrova per reazione a insegnare perentoria ad Ana - quasi ordinandoglielo - la necessità di Guardare e Sapere. Perché le ferite del passato si devono rimarginare ma le cicatrici non si cancellano e conoscere il passato e la Storia è un dovere morale ancora prima che un’esigenza. Un obbligo per posizionarsi consapevolmente nel mondo in cui si vive, per scegliere chi si vuole essere, per rendere possibile anche un assetto affettivo e relazionale tanto esteso e improbabile e inclusivo da diventare, probabilmente, l’unica prospettiva accettabile.
SentieriSelvaggi - È un film che si mette in gioco, che parla dei danni del regime di Franco e delle colpe del passato. Cerca un controllo, prima di tutto formale, poi si lascia andare. Basta un contatto, uno sguardo, una canzone di Janis Joplin. Ed esplode in uno dei finali più politici del suo cinema citando nei titoli di coda una frase dello scrittore uruguayano Eduardo Galeano. Lo fa stavolta senza nessuna voglia di citar(si) addosso.. Non c’è solo, il cinema, il teatro, la letteratura, la fotografia che in Madres paralrlas ha un peso decisivo. Le sue protagoniste tornano a rivivere, a danzare, a sperare ogni volta che si apre quella porta. Quella del cinema di Almodóvar stavolta è spalancata, anche negli slanci passionali prima che nelle scene di sesso. Da tempo non appassionava ed emozionava così.