di Paolo Sorrentino, Italia, 2021, 130′
con Toni Servillo, Filippo Scotti, Teresa Saponangelo, Marlon Joubert, Luisa Ranieri
Fabio è uno dei tre figli di Saverio e Maria, coppia della buona borghesia napoletana, circondata da vicini, parenti e amici che condividono allegria e problemi famigliari. Adolescente incerto sul futuro dopo un diploma di maturità classica ancora da conquistare, Fabio è intimidito dalle donne e innamorato della zia Patrizia, di grande sensualità e di inquietanti allucinazioni. Intorno a lui ruota un caleidoscopio domestico fatto di scherzi materni e stoccate paterne, di un fratello che sogna il cinema e una sorella che vive chiusa in bagno, più i tanti personaggi che costituiscono un teatro partenopeo da far invidia ad Eduardo. Ma questo universo protettivo ed esilarante è destinato a scomparire all'improvviso, creando un vuoto che, forse, potrà essere anche fonte di una nuova libertà creativa.
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sabato 20 agosto a Monticello B.za, Rapsodia d'Agosto a Villa Greppi.
Recupero per pioggia
Duels.it «Stavo sempre fermo. Che fossi felice e allegro. O triste e malinconico». Sorrentino si racconta: È stata la mano di Dio è la sua storia. Adolescente fermissimo a metà Anni 80, a Napoli. Film, storia e vita divise in due. A fare da frattura, la morte dei genitori. Interpretati da Toni Servillo e Teresa Saponangelo. Perfetti come Filippo Scotti, che interpreta Fabietto. Ovvero Sorrentino stesso: «L’ho visto e mi sono detto che non aveva rivali. Non gli ho chiesto nulla. L’ho solo guardato. Lui per prepararsi ha trascorso agosto a Napoli. Niente vacanze. Solo vedere film e ascoltare musica e rumori d’epoca. Io non ricordo le canzoni che avevo nel walkman. Ma distinguo ancora tutti i rumori dei motorini d’epoca».
Quinlan.it Napoli ha mille colori, canta Pino Daniele sui titoli di coda di È stata la mano di Dio. Sì, è vero, Napoli ha mille colori, mille rumori e mille afrori, ma Sorrentino non ce li mostra, non fanno per lui e qui lo dice chiaro e tondo, quasi arrendevole e disarmato, figlio di questa città che non riesce a capire e ad amare. Decisiva in tal senso è la scena in cui il giovane Fabietto – il protagonista del film, alter ego del regista – incontra Antonio Capuano, con cui tra l’altro Sorrentino ha veramente esordito nel 1998. E non si possono immaginare autori più distanti, visto che Capuano incarna il “popolino” e dunque la visceralità partenopea, che porta segnata anche nel volto, mentre Sorrentino non riesce a incarnare – e non vuole incarnare – altro che se stesso.
Sentieriselvaggi.it Napoli sogna nella prima metà degli anni ’80: l’arrivo di Diego Armando Maradona, Federico Fellini che sceglie le comparse. Si sentono già le voci, il mare, i palazzi sul lungomare, Piazza del Plebiscito illuminata, i miracoli con il monaco bambino incappucciato. Le prospettive delle strade appaiono deformate. Le luci degli interni potrebbero arrivare da Kubrick (il lampadario) o Visconti (la casa della Contessa). Con È stata la mano di Dio non è il cinema a dominare. Sono la memoria, il vissuto ad essere in primo piano, ribaltando in parte lo sguardo del cineasta. A 50 anni è forse il punto d’incrocio fondamentale dell’opera di Sorrentino.