di Mario Martone, Italia, Spagna, 2021, 133′
con Eduardo Scarpetta, Gianfelice Imparato, Gigio Morra, Iaia Forte, Lino Musella, Maria Nazionale, Paolo Pierobon, Roberto De Francesco, Toni Servillo
Agli inizi del Novecento, nella Napoli della Belle Époque, Eduardo Scarpetta è il re del botteghino. Di umili origini, si è affermato grazie alle sue commedie e alla maschera di Felice Sciosciammocca. Quando però realizza la parodia de La figlia di Iorio di D’Annunzio, il Vate gli fa causa e con lui fanno comunella una serie di autori napoletani che accusano Scarpetta di incarnare un modo di concepire il teatro ormai superato. Adombrando la morte, il comico si concede sul palco del tribunale un ultimo show.
Quinlan.it - Qui rido io è un film “vecchio”, a partire dalla scelta di raccontare un tipo di teatro vecchio e sorpassato, ma è allo stesso tempo eterno, perché il teatro, quel teatro in particolare (molto di più di quello di D’Annunzio) è eterno nella memoria della nostra storia culturale, così come il modo di fare cinema e di affrontare la Storia da parte di Martone deve – si auspica – restare eterno e non deve essere dimenticato dalle nuove generazioni, perché il richiamo alle nostre radici non può essere condotto se non nella convinzione che passato, presente e futuro sono sempre comunicanti, in un travaso continuo tra l’uno e l’altro.
Mymovies.it - Qui rido io è una questione di paternità, biologica e artistica. È una questione di 'plagio', illegittima appropriazione della paternità di un'opera. È 'faccenda', insomma, di vincoli affettivi ed effetti legali. Mario Martone, uomo di cinema e di teatro che si confronta ogni giorno con gli attori, i testi e le epoche, rintraccia la poesia semplice dell'opera di Eduardo Scarpetta e disegna il profilo del padre naturale e artistico di Titina, Eduardo e Peppino De Filippo, nomen nescio all'anagrafe.
FilmTv - Il cinema di Mario Martone è attraversato da costanti che, pur evolvendo, di film in film riemergono, tanto da poter costituire un temario di impressionante coerenza. Pensiamo al rapporto padre/figlio che da L’amore molesto passando per Noi credevamo e Il giovane favoloso arriva fino al recente dittico eduardiano composto da Il sindaco del rione Sanità e Qui rido io: in ciascuna di queste tappe (di un percorso coeso e compatto paragonabile, in Italia, soltanto a quello che sta portando avanti Marco Bellocchio) il legame tra genitori (o figure genitoriali) e figli assume le forme di una sindrome di Stoccolma in cui, da un lato, è come se i secondi fossero sequestrati dai primi, ma dall’altro ne sono profondamente innamorati. La storia della famiglia Scarpetta, del suo capostipite, Eduardo, pater familias feroce nel conservare il suo status di maiestas, e dei suoi moltissimi figli, legittimi e illegittimi, visti dal genitore come estensioni (nel futuro) della propria persona (alcuni dei quali destinati anche nel nome a tramandarlo ai posteri) è esemplare da questo punto di vista.