di Kenneth Branagh, Gran Bretagna, 2021, 98′
con Caitriona Balfe, Ciarán Hinds, Colin Morgan, Conor MacNeill, Gerard Horan, Jamie Dornan, Josie Walker, Jude Hill, Judi Dench, Lara McDonnell, Olive Tennant.
Belfast, 1969. Buddy vive con la mamma e il fratello maggiore in un quartiere misto, abitato da protestanti e da cattolici. Sono vicini di casa, amici, compagni di scuola, ma c'è chi li vorrebbe nemici giurati e getta letteralmente benzina sul fuoco, aizzando il conflitto religioso, distruggendo le finestre delle case e la pace della comunità. La famiglia di Buddy, protestante,si tiene fuori dai troubles, non cede alle lusinghe dei violenti e attende con ansia il ritorno quindicinale del padre da Londra, dove lavora come carpentiere. Emigrare è una tentazione, ma come lasciare l'amata Belfast, i nonni coi loro preziosi consigli di vita e d'amore, la bionda Catherine del primo banco?
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22 agosto a Monticello B.za Villa Greppi Rapsodia d'Agosto
LA PAROLA AL REGISTA
Con la direzione della fotografia di Haris Zambarloukos, le scenografie di Jim Clay, i costumi di Charlotte Walter e le musiche di Van Morrison, Belfast è un film che nasce dall'esperienza personale dello stesso Branagh, nato a Belfast. "Belfast è una città piena di storie. Ho vissuto i tumulti sul finire degli anni Sessanta: è stato un periodo molto drammatico e violento. Mi ci sono voluti cinquant'anni per trovare il modo giusto per raccontare ciò che io e la mia famiglia abbiamo vissuto", ha dichiarato il regista, attore e sceneggiatore. (...)
"Per scrivere Belfast - ha proseguito Branagh - ho fatto riferimento al modo in cui Almodovar ha realizzato Dolor y gloria. L'ha definito autofiction: raccontava la sua vita ma in certa misura romanzata. Così ho fatto anch'io: ho raccontato Belfast attraverso gli occhi di un ragazzino, Buddy, che altri non è che una versione immaginaria di me stesso.
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Quinlan.it - Molti, anche durante la Festa del Cinema di Roma, dove il film è stato presentato all’interno di Alice nella Città hanno apparentato Belfast, a ROMA, il film con cui il messicano Alfonso Cuarón ha sbancato dapprima la Mostra di Venezia per ottenere successivamente gratificazione anche durante l’assegnazione dei premi Oscar. I punti di contatto possono essere evidenziati con facilità: entrambi i racconti nascono dall’esperienza autobiografica dei rispettivi registi, e sono fotografati in bianco e nero per sottolineare lo slittamento temporale. C’è però una differenza, che può apparire secondaria ma da cui forse val la pena partire per tentare una breve analisi di Belfast. Mentre Cuarón non si era mai cimentato con il bianco e nero, Branagh si era affidato alla bicromia già in occasione di Nel bel mezzo di un gelido inverno, oltre venticinque anni fa. Quando rifugge dalla rappresentazione pura e semplice di un canone e si confronta con se stesso, la propria storia personale o le proprie ambizioni “possibili” il regista nordirlandese esce dall’oggettività della policromia per perdersi nei chiaroscuri e nell’ombra del bianco e nero. Un modo anche per sottolineare la necessità, in questi casi, di schivare la magniloquenza del titanismo produttivo e tornare a un cinema “indipendente”.
MyMovies - L'esperienza teatrale ha insegnato a Branagh la potenza di fuoco di un buon cast, e in questo caso gli attori tutti, più e meno giovani, accompagnano alla bravura la loro indubbia fotogenia, illuminata dalla fotografia di Haris Zambarloukos, ma a svettare sono soprattutto Judy Dench e Charan Hinds, protagonisti dei momenti più belli dei film, nel ruolo dei nonni.
Nell'amarcord del regista, infine, e nel romanzo di formazione del giovane Buddy, non poteva mancare il cinema: mentre cerca di trovare la propria strada (spronato dai confusi ma terrificanti discorsi del pastore protestante), il piccolo cerca aiuto nei film: "Mezzogiorno di fuoco", "L'uomo che uccise Liberty Valance", "Chitty Chitty Bang Bang", si offrono di volta in volta come modelli di ruolo o alternative di vita, ampliando il bagaglio sentimentale del personaggio e l'orizzonte di senso del film.
FilmTv.press - Ripresa dall’alto via drone alla terza inquadratura: preparatevi perché è la prima di 100. Dal colore della Belfast un po’ turistica di oggi (il museo del Titanic, il magnifico castello del Cavehill Country Park) ai quartieri popolari cattolici (Falls Road) e protestanti (Shankill Road) si passa al bianco e nero seguendo un movimento di macchina a scoprire il piccolo protagonista Buddy (Jude Hill). Già infuriano i tumulti, ripresi in campo lungo sfocati (e ci sta, è il punto di vista del piccolo, confuso) e in ralenti. Il primo di 100 anche qui, un abuso di ralenti ogni qualvolta la tensione urbana sale, inframmezzati a movimenti di macchina vorticosi (a volte con la mdp a mano) e improvvise riprese dall’alto. Coi droni. Così più o meno fino alla fine. Sarà anche una questione di gusti, per carità, ma a me Belfast di Branagh pare il compendio di tutto ciò che un regista non dovrebbe fare filmando l’azione, la guerra, la tragedia corale. Poi, è chiaro: attori sublimi, una bella storia, una bella musica e se volete persino una bella fotografia. Ma il cinema, aiuto.