di Francesca Borghetti, Italia, Francia, 2020, 53′
con Nasim Eshqi
Ospite in sala Guendalina Sibona, scrittrice, viaggiatrice, runner.
Nasim ha mani forti e unghie dipinte con smalto rosa shocking. È una pioniera dell’arrampicata all’aperto in Iran, dove le donne arrampicano su pareti artificiali durante orari stabiliti, solo tra donne. Dopo essere stata una giovane campionessa di diversi sport – dal karate al kickboxing – Nasim ha seguito il richiamo della natura e ha deciso di andare oltre le barriere imposte alle donne del suo Paese, costruendo la propria strada sulle montagne persiane, dove ha aperto una cinquantina di nuove vie.
Il film è il ritratto di una donna straordinaria, determinata a superare le barriere che si oppongono alla sua passione, siano esse fisiche, sociali, psicologiche, geografiche o ideologiche. Impegnata a “cambiare le cose a poco a poco”, porta altre giovani donne sulle pareti di roccia, poco fuori Teheran, insegnando loro come arrampicarsi e diventare indipendenti. Nasim ha un sogno che può diventare realtà: aprire una nuova via sulle Alpi, anche quando raggiungere l’Europa stessa è una vera e propria impresa.
Al termine Guendalina Sibona presenta il suo libro Un giorno ancora. Il mio viaggio dentro il Tor.
DICHIARAZIONI DELLA PROTAGONISTA
“Le persone spesso mi chiedono: perché metti lo smalto per unghie? Quando scalo si rovina e si distrugge. Ma quando poi mi guardo le mie mani e lo vedo rovinato penso: Oooh! Oggi ho scalato molto!”. Il colore mi dà energia e credo dia energia ad ognuno di noi”.
“Il mio paese si chiama Repubblica islamica dell’Iran. Significa che le donne devono coprirsi il capo, anche se sei una turista. E’ un obbligo come lo è mettere la cintura di sicurezza in macchina “.
“Non importa se sei ricco o povero, nero o bianco, iraniano o italiano, uomo o donna. La forza di gravità porta giù tutti allo stesso modo e questo mi dà un grande senso di libertà e uguaglianza”.
Nasim Eshqi
NOTE DI REGIA
Scalare una montagna impone la sfida di superare i propri limiti personali. È, in un certo senso, un atto altamente simbolico. Ma quello che mi ha colpito nel caso di Nasim è che lei sia cresciuta e viva in Iran, dove il semplice movimento negli spazi pubblici può essere un problema per una donna. Nell incredulità più totale sono partita alla sua ricerca.
Ci sono storie come quella di Nasim, in cui troviamo strumenti per guardare a noi stessi, alle nostre sfide personali. Fare questo film è diventata la mia montagna da scalare, e Nasim mi ha aiutato a trovare la determinazione per farlo, a portare avanti un progetto che sembrava enormemente difficile e che mi ha messo in gioco completamente.
Francesca Borghetti