di Laura Samani, Italia, Francia, Slovenia, 2021, 89′
con Celeste Cescutti, Ondina Quadri
Italia, 1900. La giovane Agata perde sua figlia alla nascita. Secondo la tradizione cattolica, l’anima della bambina è condannata al Limbo. Agata sente parlare di un luogo in montagna, dove i neonati vengono riportati in vita per un solo respiro, per battezzarli e salvare la loro anima. Intraprende il viaggio con il corpicino di sua figlia nascosto in una scatola e incontra Lince, un ragazzo solitario che si offre di aiutarla.
Partono per un’avventura che permetterà ad entrambi di avvicinarsi al miracolo.
MyMovies.it - La cinepresa della regista e sceneggiatrice (con Marco Borromei ed Elisa Dondi) asseconda Agata nel suo peregrinare risoluto, e le sue inquadrature sono imbevute di un gusto pittorico e di una tradizione cinematografica (soprattutto quella di Ermanno Olmi) profondamente, radicalmente italiani.
Agata (come Samani) si spinge sempre oltre: attraversa luoghi (e fasi esistenziali) di non ritorno, entra dentro la visceralità di un istinto primigenio, affronta in maniera diretta e vertiginosamente profonda il dolore per la perdita di un non nato, e rifiuta il commento più ottusamente crudele di tutti: "Farai altri figli".
Cinematografo.it - Un film che nasce nel 2016 – come ricorda la regista – “quando ho scoperto che a Trava, nel mio Friuli Venezia-Giulia, esiste un santuario dove, fino alla fine del 19° secolo, avvenivano miracoli particolari: si diceva che lì si potessero riportare in vita i bambini nati morti, per il tempo di un respiro. Il miracolo del ritorno alla vita era necessario per battezzare i bambini. I santuari di questo tipo portano il nome di à répit, del respiro o della tregua, erano presenti in tutto l’arco alpino – solo la Francia ne contava quasi duecento – ed è impressionante come questi fatti siano pressoché sconosciuti, nonostante la dimensione del fenomeno. La storia di questi miracoli si è impigliata in qualche anfratto dentro di me ed è rimasta lì a chiedere attenzione”.
il manifesto - Il plus di Piccolo corpo, però, è in una «Questione femminile» (e anche, come si vedrà, di identità di genere) affrontata senza ideologie, dogmi, mode o astuzie di sorta. Il viaggio di Agata, infatti, che ha dato alla luce una bimba morta, è un percorso di elaborazione del lutto ma anche di ostinata autodeterminazione o, come si direbbe oggi, un esempio di «female empowerment». È la risposta istintiva, e un piccolo atto di ribellione, di una donna che non vuole e non può rassegnarsi.